Il TaD e le perle dentro l’impossibile



Dopo aver detto e ripetuto per diciassette anni - ai piccoli e ai grandi - che il teatro non è solo parola ma soprattutto corpo e movimento, è arrivata la pandemia. Ladra di corpi, di abbracci, e vicinanza.
Dopo un marzo di attesa, dentro all’incertezza, ti scontri con l’unica possibilità di concludere un percorso di teatro espressivo con le ragazze e i ragazzi della scuola secondaria: entrare nella DaD, metterci una T, e fare il Teatro a Distanza.
Che ossimoro!
Una cosa impossibile.
Inconcepibile.
E poi arrivano loro.
I sorrisi di molti e le videocamere spente di alcuni.
La puntualità della maggioranza e l’assenza di pochi - purtroppo proprio quelli che mannaggia dentro al teatro vero ci stavano benissimo.
Le ragazze e i ragazzi ci sono, e sono accoglienti, sempre.
Sanno cogliere al volo le occasioni, loro.
Di vedersi.
Di inventare personaggi.
Di entrare nelle situazioni nuove, e strane, e improvvisare.
Quasi come fosse quel teatro vero che si faceva prima di quella ladra della pandemia.
Chiacchierano dentro la chat, come se scrivere fosse uguale a bisbigliare.
Mostrano camerette, poster alle pareti, letti a castello, divani, criceti, mamme di passaggio, fratellini e sorelline che guardano curiosi dentro casa tua.
Hanno le loro parole per raccontare giornate che sembrano tutte uguali ma non lo sono mai.
Nuovo
Monopoli
Noia
Aerei
Disney
Videolezioni
Spazzatura
Inaspettato
Depressione
Inventiva
Stress
Netflix
Camminare
Linguaggio
Speranza
Tortura
Casino
Tuta
Inutile
Sonnolenza
Normalità
Creatività
Uguale
Arte
Speranza
Durante questi incontri ci hanno insegnato come fare le bolle di sapone e una torta in tazza, come si apre un barattolo e come si fa ad annoiarsi durante una lezione di geografia. Ci hanno spiegato come si disegna una figura umana e come si costruisce una farfalla di carta, come si fa un toast e persino come funziona la lapidazione su un orsetto.
Si sono trasformati in medici e in professori, in venditori, psicologi, presidenti, direttori di cimiteri e coppie separate.
Insomma, hanno giocato al teatro nonostante i corpi fossero dentro a uno schermo. E poi, come sempre, senza accorgersene, hanno lanciato perle, che ho provato a raccogliere.
"A dodici anni la mia vita si è fermata".
"Ho scoperto l’importanza di avere un fratello e un giardino".
"Non ho amici, non faccio videochiamate, questa quarantena mi fa malissimo".
"Invece di dormire per una tredicina di ore, e sognare, devo fare i compiti".
"Questo è uno sfogo, ma non ho tanto per cui sfogarmi, perché ormai non succede niente".
"Quella passeggiata serviva a farmi diminuire lo stress, invece allo stress si è aggiunta la malinconia assurda".
"Il bello del futuro è che non lo sai".




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